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Un viaggio nel tempo

Un viaggio nel tempo e al di fuori del tempo a caccia di un segreto

PREMESSA
Il punto di partenza teorico del mio lavoro di Coaching e di accompagnamento alla crescita personale è l’Epigenetica, che io considero essere il fulcro di ogni trasformazione e della capacità di adattamento di ognuno.
Da un punto di vista tecnico l’Epigenetica è quella branca della Genetica che studia le variazioni del codice Epigenetico, ovvero di quel codice che risiede al di sopra del DNA. È al suo interno che vengono scritte tutte le istruzioni operative che rendono il DNA utilizzabile in modo appropriato dalla cellula e che permettono di rispondere puntualmente a qualunque stimolo la cellula e l’intero sistema ricevano. Moltissime di queste informazioni operative vengono rimosse molto rapidamente, altre invece si mantengono, altre addirittura si possono ereditare e vengono trasmesse di generazione in generazione. Queste ultime hanno sicuramente un’importanza legata alla sopravvivenza, anche se nel tempo possono non risultare più funzionali e venire pian piano cancellate. In ogni momento della nostra vita creiamo stimoli che vanno a codificarsi a livello epigenetico, e con altrettanta frequenza ne cancelliamo altri.
Per questo motivo ritengo che l’Epigenetica sia un chiaro esempio di come abbiamo insito in noi il potenziale del cambiamento e della trasformazione (e che ogni idea del “tanto non cambierò mai/io sono così e non posso cambiare” sia una pura e semplice credenza limitante, da lavorarsi quanto prima).
Noi siamo cambiamento, dunque, ma siamo anche il frutto dell’eredità di moltissime generazioni, da cui abbiamo ricevuto doni e incompiuti in egual misura.
Trasformare ciò che durante la nostra esistenza non abbiamo completamente compreso e digerito e anche ciò che abbiamo ereditato dal nostro clan famigliare è il fulcro del mio lavoro poiché è non solo un atto d’amore nei nostri confronti e nei confronti dei nostri antenati, ma è anche un enorme atto di responsabilità verso i nostri figli e le generazioni che verranno.
Tra gli strumenti che solitamente utilizzo ci sono le tecniche energetiche EFT e TAI, ma anche la psicogenealogia e il lavoro di comprensione e scioglimento delle emozioni attraverso le “trasmutazioni emotive”, che portano l’emozione o la sensazione conflittuale di partenza a sciogliersi e trasformarsi in emozioni o sensazioni nutrienti.

Molto brevemente, EFT (Emotional Freedom Technique) è una tecnica che si basa sul leggero picchiettamento di alcuni punti sulle mani, sul viso e sul tronco, focalizzando la propria attenzione sulla situazione su cui si desidera lavorare. I punti che vengono picchiettati corrispondono a precisi nodi della rete dei Meridiani energetici e permettono di stimolare e favorire il libero flusso energetico della persona. Durante i “giri” di EFT emozioni, percezioni e pensieri fluiscono liberamente e portano ad un cambio percettivo della situazione di partenza.
TAI (Tecniche di Alchimia Interiore) è una tecnica di riequilibrio cosciente delle energie ideata da Andrea Fredi che attraverso il lavoro energetico sui tre centri energetici principali, i “tre cervelli”, ovvero pancia, cuore e testa, congiuntamente all’intenzione permette di dissolvere situazioni e vissuti non digeriti che sono rimasti “sedimentati” nel nostro sistema.
La psicogenealogia è lo studio dell’albero genealogico per identificare ripetizioni o collegamenti tra i vari antenati.
Definisco “trasmutazione emotiva” il seguente processo:
• Si identifica qual è l’emozione o la sensazione su cui lavorare;
• Si fa un lavoro di centratura e allineamento attraverso la respirazione consapevole oppure una breve visualizzazione guidata per favorire la focalizzazione sulle percezioni interiori e liberare la mente;
• Si porta a rivivere l’emozione o la sensazione precedentemente identificata ascoltando le sensazioni corporee e sensoriali, le immagini e le percezioni che emergono;
• Una volta sciolta l’emozione o la sensazione su cui si sta lavorando si permette l’integrazione delle emozioni e delle consapevolezze nutrienti che emergono.

AGER è un potentissimo strumento che ho integrato felicemente nel mio lavoro poiché a mio parere semplifica e velocizza lo sblocco di contenuti non digeriti andando a sollecitare direttamente il punto nel corpo collegato al tempo in cui quella situazione ha avuto origine. Inoltre, AGER permette di evocare sia gli elementi non digeriti accaduti nella vita della persona, sia di lavorare sulle memorie transgenerazionali, rendendosi ancora più prezioso e importante per il lavoro genealogico.
AGER è un acronimo che sta per Age Gate Energy Release, ed è l’integrazione tra la Age Gate Therapy – o Cronoriflessologia – ideata dal dottor Vincenzo di Spazio con le tecniche energetiche come EFT e TAI. Nello specifico è una tecnica che attraverso la delicata sollecitazione di specifici punti della colonna vertebrale consente di identificare e poi sciogliere memorie e sequenze emotive non risolte che influenzano e condizionano l’individuo.
Si tratta di un vero e proprio viaggio all’interno delle pieghe del tempo, poiché i “cronopunti”, vale a dire i 24 punti che vengono stimolati, si trovano lungo il meridiano energetico scoperto dal dottor Di Spazio e definito Meridiano del Tempo. Ad essi, infatti, sono associati a specifici anni: sono dunque “spazio che mette in connessione con il tempo” (cit. A. Fredi).
Le memorie non digerite, insieme al loro contenuto di percezioni sensoriali, emozioni e pensieri, si possono immaginare come delle piccole capsule spazio-tempo che disseminano il nostro sistema energetico, influenzando sensibilmente anche il corpo fisico. Ognuna di queste capsule può essere generata in qualunque momento della propria esistenza, partendo dal periodo di vita intrauterina. Non solo, alcune di queste capsule possono anche essere ereditate e avere dunque carattere transgenerazionale. Si tratta dunque di informazioni che possono essere trasmesse di generazione in generazione per via epigenetica, come vedremo in seguito con un esempio relativo al caso che esporrò.
Questi nodi energetici alterano la risposta agli eventi di vita quotidiana poiché potrebbero attivare il meccanismo di lotta, fuga o congelamento che, mentre in origine erano la risposta appropriata a quella determinata situazione, oggi potrebbero essere di ostacolo o di impedimento ad una serena e appagante esistenza.
Sciogliere queste capsule spazio-tempo consente di liberare energia e di normalizzare le risposte a ogni sollecitazione che possa risuonare con i vissuti contenuti in essa.
Esistono moltissime vie per accedere a queste memorie: con AGER sfruttiamo i cronopunti, che sono veri e propri portali che conducono direttamente all’età in cui queste capsule si sono originate.
Una volta a destinazione le impressioni non digerite si manifesteranno e si potrà procedere al loro scioglimento.
L’aspetto straordinario dell’utilizzo di AGER è che è possibile non solo indagare e sciogliere le capsule create durante la propria vita ma anche esplorare e liberare anche quelle ereditate dai propri antenati.
Una volta sciolte queste influenze del passato, un nuovo campo di possibilità si apre: nuove consapevolezze, maggiore leggerezza e libertà.

Il caso che esporrò si riferisce ad eventi biografici della cliente, con cui non c’è stato bisogno di esplorare l’eredità transgenerazionale. Da anche la possibilità di osservare come un evento ci connetta energeticamente a tutte le persone coinvolte in esso, e di come sia possibile che il nostro sistema raccolga e conservi anche le informazioni di questi altri soggetti.
La storia di Francesca inizia con un mistero: fin da subito, infatti, lei mi riferisce di avere la sensazione che c’è un’esperienza molto forte risalente alla sua primissima infanzia sepolta in lei ma di non ricordarne nulla. Questa sensazione ci accompagnerà nel tempo, e ci darà anche la possibilità di cogliere i segnali dell’inconscio che rivelavano una progressiva apertura verso il disvelamento.

LA STORIA DI FRANCESCA
Incontro Francesca (nome di fantasia) tra la seconda metà di gennaio e i primi giorni di febbraio. Francesca è una giovane donna di 30 anni compiuti che si sente “sola, irrequieta e disperata, depressa e senza possibilità”, molto arrabbiata e chiusa in sé stessa, nonostante il lavoro di crescita personale che già faceva. Mi contatta perché sente di essere in un buco nero di disperazione.
Durante il primo colloquio mi riferisce di provare un fortissimo risentimento nei confronti della sua famiglia, in particolare del padre, che sente legato ad un momento specifico di cui ha ricordo, collocato intorno ai 18 anni di età di Francesca.
In quel periodo, il padre di Francesca ha vissuto un fallimento professionale che ha condizionato la famiglia e che la nostra protagonista ha vissuto come un tradimento. Andando più in profondità, mi dice che questa sensazione di essere tradita non era una novità per lei, ma che si era ripetuta spesso nella sua infanzia, in cui non si era sentita protetta dai genitori, e questo ha generato in lei nel tempo un forte rancore, che aumentava per il fatto di non sentirsi “vista per quella che era”.
Non essendo precisamente definito il momento esatto di questo fallimento lavorativo decido di testare D5 e D6, corrispondenti uno al 18esimo anno di età (periodo compreso tra il 17esimo compleanno e il 18esimo) e l’altro al 19esimo anno (periodo tra il 18esimo compleanno e il 19esimo). Tra i due cronopunti quello più responsivo risulta essere D6 (che sente gonfio e con delle stilettate), pertanto focalizzerò la mia attenzione su questo.
Attivando e testando il punto con una leggera pressione manuale e poi con una stimolazione luminosa, emerge in Francesca una scena di rabbia cieca del padre in cui lancia oggetti vari e che si esprime nel corpo con la manifestazione di spavento e paralisi.
Decido di procedere alla risoluzione della scena utilizzando 3 giri di EFT, così che pian piano si dissolva.
Ciò che resta è l’emersione di rabbia verso sé stessa e un forte senso di abbandono. Decido di accompagnarla nella trasmutazione emotiva di queste emozioni: dal sentire questa rabbia come peso nel cuore, Francesca riesce a dissolverla permettendo l’incontro con la sua bambina interiore, con cui si è relazionata giocando con fiducia.
Terminata la trasmutazione torno a testare D6, che sente più “piatto” ma ancora indolenzito. Con un giro di TAI esterna e con la frase di armonizzazione D6 da finalmente una sensazione di vuoto, che conclude il lavoro della nostra prima sessione insieme.
La settimana successiva contatto Francesca via messaggio e mi riferisce di sentire che “superficialmente è tutto normale ma in profondità sono più felice, c’è qualcosa di solido e luminoso”.

Due settimane dopo incontro Francesca per il nostro appuntamento e mi racconta, molto entusiasta, di una serie di cambiamenti radicali avvenuti a cavallo delle due sessioni. La relazione col padre si è trasformata completamente fin dal giorno successivo al nostro primo appuntamento, con il padre che si comporta in modo straordinariamente aperto, disponibile e gentile nei suoi confronti. Da parte sua, invece lei sente che il rancore non è diminuito ma percepisce un maggiore distacco emotivo nei confronti dei suoi genitori. Oltre a queste due grandi trasformazioni mi racconta con gioia che il suo ragazzo, che ha un bambino da una precedente relazione, le ha chiesto di andare a convivere e che lei ha accettato con gioia.
Parliamo a lungo del suo rapporto con questo bambino e del confronto tra come si sente lei con i suoi genitori (con cui stava per concludersi la – difficile – convivenza) e di come si sente lei nei confronti del piccolo. Il costante parallelismo tra lei come bambina e lei come adulto diventa il filo conduttore per una serie di giri di TAI, EFT e ancora TAI per pacificare la bambina sofferente che è stata e anche il legame emotivo che sentiva nei confronti del figlio del compagno.
Concludiamo il secondo incontro andando a testare nuovamente D6, che mi riferisce aver sentito dolente come in seguito ad un colpo per tre giorni dal primo trattamento. Alla stimolazione del cronopunto riferisce un gonfiore come se ci fosse una pallina e di sentire l’attivazione di altri due punti sulla colonna: D5 e C2. Stimolando quest’ultimo punto sente un forte disagio. Decido di procedere con EFT e TAI, che alleviano il sintomo, tuttavia Francesca riferisce di sentire come se ci fosse qualcosa di nascosto e molto forte che sente essere alla radice del suo malessere. Cercando di andare più in profondità mi rendo conto che il contenuto di questo cronopunto può essere di grande impatto emotivo e decidiamo insieme di posticiparne l’esplorazione all’incontro successivo.
A cavallo tra i due appuntamenti, Francesca mi aggiorna di come sta. Questo il contenuto del messaggio: “Io mi sono sentita molto più leggera e centrata. Mio padre ha continuato sulla tendenza che già ti dicevo. Ho avuto molto spesso mal di schiena nelle zone toccate durante il trattamento e forse in qualche punto nel mezzo e fenomeni di ansia fisica che ho trattato con rimedi naturopatici”.

L’appuntamento successivo inizia con un rapido aggiornamento sul come sta vivendo il primo periodo di convivenza. Francesca racconta di essere in una fase di adattamento e di provare distacco (lei lo definisce “menefreghismo”) nei confronti dei genitori ma anche un po’ di nostalgia verso la mamma. Per quanto riguarda i punti stimolati la volta precedente, riferisce di aver sentito come se in C2 ci fosse un movimento di chiusura repentina nei giorni successivi al trattamento, “come se fosse a protezione”. Decidiamo dunque di riprendere l’esplorazione del mistero legato a C2, corrispondente al periodo tra il giorno del primo compleanno e quello del terzo.
Stimolando il punto, Francesca nota un’attivazione di D6 e D5. D6 corrisponde al suo 19esimo anno di vita, ed era il punto che avevamo testato nel nostro primissimo incontro.
Seguendo un’intuizione le chiedo l’età che aveva sua mamma quando lei era nel secondo e nel terzo anno di vita. (Non troppo) sorprendentemente, sua madre era nel 43esimo anno di vita, cioè nel periodo compreso tra il compimento dei 42 e quello dei 43 anni, che corrisponde esattamente al cronopunto sito in D5.
Questa evidenza ha particolare importanza per Francesca, poiché fa emergere per la prima volta nei nostri incontri la sua connessione con la madre, che prima era emersa con minore evidenza ma che esploreremo un po’ meglio anche nelle sessioni successive.
Durante la stimolazione di D5 e D6, accompagnando Francesca nel suo sentire corporeo, si accorge che sia D6 che D5 portano ad un rilascio corporeo e ad un rilassamento profondo. Decido dunque di tornare al punto di origine della sessione, cioè C2, per verificare se avesse rilasciato ulteriori informazioni. La delicata sollecitazione del punto fa emergere un risentito di forte disapprovazione, come se lei non riscuotesse l’approvazione di qualcuno. Emerge a questo punto la sensazione di un altro cronopunto che si sta attivando: D2.
Seguendo nuovamente le mie intuizioni chiedo l’età del padre nel periodo in cui Francesca era nel secondo e nel terzo anno di vita. La corrispondenza è ancora una volta una conferma: in quel periodo il padre era nel 46esimo anno di vita (tra il compimento dei 45 e dei 46 anni), corrispondente con precisione a D2. Con lo sfioramento di D2 il quadro si fa ancora più preciso: Francesca percepisce chiaramente che il padre è l’origine di quella sensazione di essere disapprovata, era lui che la disapprovava. Intuito questo si attiva nuovamente D5, cioè il cronopunto legato alla madre, e così la costellazione si completa.
Il disegno ora è chiaro: la sensazione di disapprovazione si estende anche alla madre e Francesca percepisce chiaramente che il padre disapprovava entrambe. Accompagno Francesca alla trasmutazione emotiva di questa disapprovazione e alla restituzione alla madre del suo risentito.
Prima di concludere la sessione torno a verificare la situazione in C2, che percepisco dover svelare ancora molti contenuti, sepolti molto in profondità. Ciò mi viene confermato dalle parole di Francesca, che alla sollecitazione di C2 percepisce un senso di minaccia indefinito, collocato spazialmente davanti a sinistra, a cui non riesce a dare una forma.
Vista la rapidità con cui il cronopunto C2 la volta precedente si era richiuso in protezione del suo contenuto decido di mantenere attiva una blanda stimolazione dei cronopunti applicando un quadratino di cerotto medicale in C2, D5, D6 e D2, raccomandandole di applicarci con regolarità gocce del fiore di Bach Star of Bethlehem.

Il quarto incontro con Francesca, è all’insegna di un umore di partenza più fosco: la giovane donna riferisce di provare angoscia, confusione nel fare, come se venisse tenuta un passo indietro, e di sentire una grande nuvola nera nel cuore.
Decido di effettuare un test cronoposturale per capire il punto d’origine di queste sensazioni. Creo dunque il campo e chiedo che mi si mostri l’origine di questo suo stato emotivo con un’oscillazione evidente. I cronopunti sensibili e collegati a questa angoscia, confusione e alla “nuvola nera nel cuore” sono quelli che si riferiscono alla sua infanzia, C1, C2, C3 e C4, e L4.
Sono subito incuriosita da L4, che corrisponde al suo 29esimo anno di età, in cui riferisce di aver lasciato l’ex fidanzato dopo 7 anni di relazione, e che era collegato a livello emotivo alla paura di essere sola e abbandonata. Il lavoro su questo cronopunto è abbastanza rapido e porta di nuovo ai 4 punti cervicali, che coprono il periodo dell’infanzia che va dalla nascita alla vigilia del settimo compleanno. Ciò che emerge è la sensazione di dover essere perfetta e integerrima perché altrimenti i suoi genitori non l’avrebbero amata.
Ascoltando questi cronopunti diventa evidente che l’origine di questa angoscia, confusione nel fare e della “nuvola nera nel cuore” sono vissuti legati alla paura del rifiuto e dell’abbandono. Procedo ad accompagnarla con una trasmutazione partendo dall’immagine della nuvola nera nel cuore, che si conclude con una sensazione di maggiore serenità e di senso di appartenenza.
Il mistero legato a C2 non è stato svelato, ancora, ma mi accorgo che il sistema inconscio di Francesca sta portando in emersione altri meccanismi che in questo momento sono visti come prioritari e che potrebbero essere in parte collegati.

Il quinto incontro con Francesca inizia con il racconto del momento che sta vivendo in questo momento: il processo di adattamento alla nuova vita e alla convivenza è ancora in corso, con il figlio del compagno che inizia a dormire solo nella nuova cameretta ma li sveglia frequentemente perché ha paura. Inoltre si trova a dover fare delle scelte lavorative importanti tra il continuare la professione per cui ha studiato tanto oppure scegliere la proposta di lavoro a tempo pieno in un’erboristeria. Alcune delle frasi che dice mi colpiscono particolarmente e decido di trascriverle. Sono:
“non mi sento in un posto che è mio” (con la convivenza si è trasferita lontano da casa in un paesino in cui non conosce nessuno)
“provo angoscia per il futuro”
“ho paura di fare scelte definitive”.
Con l’esigenza di portare maggiore chiarezza e di focalizzarci su un tema specifico per la nostra sessione gliele leggo ad alta voce chiedendole quale di queste avesse maggiore presa su di lei. Non essendo convinta da nessuna le chiedo di scrivere sul foglio qual è l’affermazione che riassume il suo problema attuale. Francesca prende la penna e scrive: “paura di cadere in un baratro di angoscia e tristezza”. Spiegandomi meglio mi dice di conoscere bene questo baratro e lo definisce come uno “stato di ingratitudine che si mangia tutto e non voglio tornarci”.
Faccio un test cronoposturale sulla frase, per comprendere quale fosse l’origine di questo stato ed emerge nuovamente D6, stavolta accompagnato da D7.
Siamo pronte dunque per seguire il fil rouge del suo inconscio attraverso le sensazioni, le immagini e le percezioni che le giungono alla sollecitazione di questi cronopunti.
Iniziamo con la stimolazione di D6 che fa emergere un ricordo del mare: era un luogo dove andava da piccola con la madre, in Liguria, che rappresenta per lei un tempo felice ma con il pensiero in sottofondo che al ritorno sarebbero entrambe tornate cupe e depresse. Apprendo dunque che la madre soffriva di depressione all’epoca e che quel fugace periodo di vacanza fosse un tempo lieto in cui entrambe, mamma e figlia, stavano meglio. Francesca riferisce poi di sentire la zona del cronopunto come una sacca vuota con una cicatrice (aspetto di interessante evoluzione rispetto alla descrizione nel nostro primo appuntamento in cui era una pallina gonfia: la sfera s’è via via sgonfiata e svuotata come se fosse stata piena di pus). Le chiedo di procedere a chiudere i lembi della cicatrice con amore, dandole quell’amorevolezza materna che tutti ricordiamo con i “bacini sulla bua” che la mamma ci dava quando ci facevamo male e che facevano passare ogni dolore. A questo punto le torna in mente un quadro, che aveva appeso nella cameretta a casa dei genitori, che ritrae proprio lei e la madre in spiaggia nel mare ligure. Arriva improvviso un altro pensiero, riferito alle notti insonni della settimana precedente: ricorda che una notte, quando il piccolino aveva gli incubi, lei si è svegliata un attimo prima del bambino e borbottando ha detto al compagno “c’è un quadro che gli da fastidio”. Frase molto insolita, ma il vero colpo di scena avviene quando la mattina dopo va in soffitta e scopre esattamente in corrispondenza della cameretta del bambino un quadro che rappresenta il mare della Liguria!
Questa associazione è talmente peculiare e interessante che decido di farle fare qualche giro di TAI sul tema.
Prima di descriverlo, però, vorrei fare il punto delle analogie nella storia di Francesca con quelle del figlio del compagno, con cui lei – giocoforza – sente una fortissima affinità, risonanza e senso di protezione. Francesca è figlia unica, con una madre che ha sofferto di depressione. Il bambino è figlio unico, ha una madre con probabili tendenze depressive (a quanto mi ha riferito Francesca) e si è attaccato moltissimo a Francesca stessa (che potrebbe avere la stessa tendenza), che si ritrova a ricoprire un ruolo che non le appartiene (non è la madre del bambino), ma che sente di doverlo proteggere dalla madre biologica. Il legame tra di loro era emerso anche in precedenti sessioni, in cui paragonava come si sentiva nei confronti dei genitori, quindi come figlia, rispetto a come si sente da genitori nei confronti del bambino, quindi come adulta, come se ci fosse una identificazione tra la sé bambina e il figlio del compagno.
Ma torniamo ai giri di TAI: il primo è sul mare e alla conclusione dello stesso emerge il ricordo della madre che lei ricorda essere depressa da sempre, fin dalla gravidanza (avvenuta tra i 40 e i 41 anni, quindi in corrispondenza dei cronopunti D6 e D7) e che al mare loro sono andate ogni anno dalla nascita di Francesca ai tempi delle elementari.
Decido di fare un altro giro di TAI e, poiché ho il sospetto che lo stato depressivo materno fin dalla fase di gestazione di Francesca abbia influenzato a livello epigenetico Francesca stessa e sia un aspetto di cui lei s’è fatta carico per la madre, decido di farlo sulla depressione della mamma (su questo punto tornerò alla conclusione del resoconto di questo incontro con Francesca per spiegare meglio). In questo caso prendo ispirazione dalla tesina di Paola Bravin, operatrice TAI certificata da qualche mese e che avevo letto qualche giorno prima, e sul secondo Dantian (sul cuore), oltre alla frase classica le faccio ripetere questa affermazione: “Cara mamma, ti restituisco il tuo fardello, è tuo e non mio, io sono la piccola e tu sei la grande”. Questa frase ha lo scopo di restituire alla madre gli aspetti inconsci legati alla depressione che irretivano Francesca e allo stesso tempi di restituirle il ruolo di adulta, poiché Francesca ha sentito la necessità di prendersi cura della madre, stravolgendo gli ordini dell’amore e assumendo su di sé il ruolo di madre anziché quello di figlia.
A questo punto concludo la sessione con la frase di armonizzazione.
Subito Francesca mi segnala di sentire e vedere gli oggetti come se fossero più concreti, più “reali”. Le consiglio di continuare a ripetere la frase di armonizzazione almeno una volta al giorno per i giorni successivi per sostenere l’integrazione di questo passaggio importante.

Prima di raccontare ciò che è accaduto nel nostro ultimo incontro desidero fare una piccola digressione su quali sono gli effetti sul feto degli stati emotivi e mentali che una donna può provare durante la gravidanza, soffermandomi in particolare sulla depressione.
Durante la gravidanza avvengono sostanziali e fondamentali variazioni a livello epigenetico che accompagnano tutta la crescita del bambino. Le variazioni epigenetiche sono ciò che fa sì che da una cellula totalmente indifferenziata si ottenga una creatura dotata di cellule, organi e apparati differenti con funzioni fondamentali e altamente specifiche.
All’inizio di questa trattazione ho accennato al fatto che il codice epigenetico risponde puntualmente ad ogni stimolo che riceve, sia esso interno oppure esterno, così da creare i presupposti per una coerente risposta cellulare. Il flusso di informazioni va dall’esterno di una cellula al suo interno, fino al nucleo. Lì entrano in contatto con il codice epigenetico che predispone la risposta attivando o disattivando porzioni di DNA che contengono le informazioni per produrre ciò che serve in quel momento.
Per ogni feto il mondo esterno è la madre. Ogni pensiero, azione, emozione, trauma, vissuto che ella prova, anche lui ne farà esperienza attraverso ormoni, neurotrasmettitori e altre molecole che riceve attraverso la placenta e ne verrà inevitabilmente influenzato. Si tratta di un periodo di grandissima vulnerabilità e permeabilità per lui, che non ha alcuno strumento per difendersi da queste informazioni.
L’effetto di queste informazioni biochimiche ed energetiche può avere un impatto molto importante sul feto, dal momento che i suoi organi si stanno formando e sviluppando, e potrebbero anche alterare i processi neurochimici cerebrali. Tutti questi stimoli “in-formano” il nascituro degli schemi di risposta materni e plasmano le sue reazioni di conseguenza.
Queste modalità di risposta saranno poi modellate durante tutta la vita, modulandosi, sfumandosi e arricchendosi in risposta agli stimoli esterni e a tutto quello che vive il bambino.
La depressione altera i meccanismi di risposta dell’individuo in profondità e a moltissimi livelli, con variazioni a livello epigenetico che riverberano in tutto l’organismo, rimodellando le vie neurali, e influenzando fortemente anche gli altri distretti, come i sistemi endocrino e immunitario.
Studi recenti (si veda in bibliografia) hanno associato, in effetti, la depressione materna ad un maggiore rischio di depressione per il nascituro. L’ipotesi è che le variazioni epigenetiche collegate alla depressione materna influenzino la produzione di geni importanti per lo sviluppo neurale, generando quindi nel feto delle vie neurali alterate.
Cosa può significare questo per Francesca? Che è possibile che lo stato depressivo materno abbia profondamente influenzato il suo sviluppo, portandola ad una predisposizione verso la depressione. Ciò non significa però una condanna alla malattia, tutt’altro! La presa di consapevolezza di questo aspetto e il conseguente scioglimento dei nodi energetici di informazione ad esso collegati permetteranno a Francesca di liberare energia interiore e di riscrivere le informazioni epigenetiche precedenti, portandola progressivamente ad un sempre maggiore benessere.

L’appuntamento successivo, l’ultimo che abbiamo fatto, avviene dopo più di un mese dal precedente. Sono cambiate parecchie cose dal punto di vista lavorativo, ha scelto il tempo pieno nell’erboristeria ma poi ha capito che non era un ambiente adatto a lei e ha iniziato a lavorare part-time in un negozio di abbigliamento dove aveva già lavorato tempo addietro. Francesca mi riferisce forte tensione muscolare, di sentirsi impotente nei confronti della sua vita (“guardo indietro e critico”) e di provare molta rabbia nei confronti dell’ex moglie del compagno. Le chiedo di spiegarmi questa emozione, e lei mi riferisce che fa del male al bambino (non fisicamente ma emotivamente trascurandolo) e di esserne invidiosa. Alla mia richiesta di spiegazioni mi risponde che “è tutto ciò che vorrei essere”, cioè una donna che ha scelto la carriera, e fa il lavoro che desidera, guadagna bene e ha grande soddisfazione e realizzazione da esso.
Francesca ritiene che la rabbia e l’invidia nascano per il fatto che non si sente in potere di darsi la vita che vorrebbe. Inoltre aggiunge di amare il suo compagno, ma di sentirsi un po’ costretta dalla monotonia della loro routine e dal fatto che lui non desideri fare vita sociale, cosa che Francesca invece desidererebbe.
Alla mia domanda “Ti senti libera? Vuoi di più dalla tua vita?” mi accorgo di aver toccato il tasto giusto e per evitare che fosse la mente a rispondere la guido in una pratica di centratura e di riconnessione all’anima. Una volta connessa alla sua parte più profonda le ho ripetuto le domande e ho atteso la sua risposta. Francesca mi dice di non sentirsi libera, e sente agitazione e ansia nel corpo. Vede queste sensazioni come una nuvola nera indistinta che grida. Procedo a farle trasmutare questa immagine facendola diventare quella nuvola, che diventa un cuore spezzato, di pietra o vetro, con una crepa in mezzo. Francesca prova dolore, le chiedo di accettare e accogliere quel dolore e quel cuore spezzato ma mi dice chiaramente di non poterlo fare perché c’è un segreto e il cuore sta sanguinando per questo. Intuisco che siamo ad uno snodo importante e la accompagno nell’amore e nell’accettazione del segreto, quale che sia. È un passaggio molto duro per lei e mi dice ancora che è qualcosa che non si può sapere. Cerco dunque di capire se si tratta di un segreto di famiglia, appartenente ai suoi antenati, oppure se si tratta di qualcosa di relativo alla sua vita. Per farlo le chiedo di immaginare di avere tutti i suoi antenati dietro di sé, lato materno dietro alla spalla sinistra e lato paterno dietro a quella destra. Una volta aperto il campo del transgenerazionale le chiedo di percepire se questo segreto appartiene a qualcuno di loro.
Francesca è molto sofferente, inizia a sentire un forte dolore all’utero e una grande agitazione all’altezza dello stomaco.
Si agita, apre spesso gli occhi e interrompe la pratica: non vuole più proseguire, capisco che ha unito i puntini e ha compreso di che si tratta.
Osservo che si strofina la cima del collo, in corrispondenza delle cervicali e mi conferma di aver intuito qual è il mistero di C2 che abbiamo costantemente sfiorato in tutti i nostri sei incontri, si tratta di questo segreto.
Le chiedo se desidera parlarne e rifiuta, quindi dopo la frase di armonizzazione decido di concludere la sessione.
Il giorno dopo le chiedo via messaggio di aggiornarmi su come sta, e questa la sua risposta: “Ieri è stata una giornata impegnativa ma mi sono sentita libera e leggera, di quella leggerezza di cui ti ho parlato spesso.”

CONCLUSIONI
Il lavoro con Francesca non si è ancora concluso ed è possibile che siano necessarie altre sessioni per poter sciogliere e pacificare il grande nodo legato al segreto della sua infanzia.
Francesca ha scelto di non condividere con me le sue intuizioni a conclusione di quell’ultimo incontro e rispetto totalmente la sua scelta: la decisione di sé e come esplorare queste sue nuove consapevolezze spetta esclusivamente a lei.
Come anche altre tecniche energetiche anche AGER è uno strumento di autoconoscenza e di crescita personale che, una volta appreso, può essere di straordinario aiuto per il lavoro di esplorazione di sé anche in autonomia.
Nel contesto dei percorsi di life coaching epigenetico che propongo, l’utilizzo di AGER è ideale per dare una cornice di senso alle parole e alle emozioni che vengono riportate dal cliente, inquadrando la sua storia nel contesto della storia della sua famiglia, del vissuto nel periodo prenatale e durante il parto, o ancora nel mondo dimenticato delle esperienze dell’infanzia.
Con Francesca, AGER mi ha permesso di seguire con molta fluidità e semplicità il mio istinto su quale strumento utilizzare per lo sblocco e la digestione dei vissuti che emergevano e spero di aver messo sufficientemente in luce la sua incredibile efficacia.
L’inconscio di Francesca è stato una guida preziosissima e mi ha ancora una volta mostrato come ogni elemento che emerge sia al contempo quello prioritario per quello specifico momento e, allo stesso tempo, sia anche perfettamente incastonato in un disegno più grande, in cui tutto accade nel momento giusto.
La trasformazione di Francesca in questi 5 mesi e mezzo è stata straordinaria, e sono grata di esserne stata testimone e guida.

Valentina Cavalieri
Evoluzioni Radicate in Te
Life Coaching Epigenetico, Percorsi di Crescita Personale, Formatrice e Divulgatrice,
1° operatrice AGER certificata
www.valentinacavalieri.it
tel. 348 1092049
e-mail: info@valentinacavalieri.it
Disponibile per appuntamenti online oppure in presenza, a Lecco presso il centro olistico La Casa di Ganesha.

Bibliografia essenziale sugli aspetti legati ad epigenetica e depressione in gravidanza:
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