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Un pestaggio

Un pestaggio

 

Cari amici eftiani,

vorrei condividere con voi questa storia che mi sembra significativa per confermare l’efficacia di EFT sul trauma.
Recentemente è arrivato in studio un ragazzo di 40 anni che, da tre settimane circa, aveva subito un’aggressione da parte di quattro persone (un piccolo branco), durante una trasferta di lavoro.
Dal momento dell’aggressione, in cui era stato malmenato tanto da dover ricorrere alle cure del pronto soccorso, riportando la frattura di una costola ed alcuni punti di sutura al naso, viveva una condizione molto simile a quella del Disturbo Post Traumatico da Stress. Non riusciva più a dormire, stava continuamente in uno stato di allerta che logicamente gli creava un grande stress, ripensava spesso all’evento, aveva perso appetito e ben più grave, sentiva d’aver perso la motivazione alle cose basilari della vita. Viveva in una condizione di demotivazione e sfiducia generalizzata che non gli facevano più trovare senso nelle cose essenziali della sua esistenza: prime fra queste famiglia e lavoro.
Da bravo psicologo quale sono (scusate la struttura mentale), non uso proporre EFT nei primi incontri se una persona non arriva esplicitamente per questo. Non lo faccio perché credo sia necessario introdurre la tecnica, dopo aver guadagnato un po’ la fiducia del cliente, trattandosi di qualcosa che lui/lei non conosce e non ha richiesto in modo esplicito.
In questo caso però, alla seconda seduta con Antonio, ho verificato che i suoi sintomi legati al PTDS (Disturbo Post Traumatico da Stress) erano ancora troppo forti da lasciare che trascorresse il tempo necessario all’instaurarsi di una buona fiducia tra lui e me, per poter poi proporre EFT. Così ho deciso di rischiare ed ho detto ad Antonio che mi sarebbe piaciuto mostrargli una tecnica un po’ particolare, che però ritenevo gli sarebbe potuta essere molto utile per aiutarlo a superare la condizione di disagio in cui stava vivendo le ultime settimane.
Lui naturalmente, per quanto strutturato più di me visto il suo background formativo di stampo tecnico e la sua professione ancor più tecnica, ha raccolto al volo la mia proposta: certamente facilitato anche dalla disperazione in cui stava vivendo.
Ho iniziato quindi invitandolo a replicare i miei movimenti e le mie parole e guidandolo: prima in un giro di prova sul respiro, poi in un lavoro secondo la tecnica del film.
Naturalmente il titolo che è emerso per questo film è stato “L’aggressione” ed abbiamo iniziato a fare qualche giro su questo, verificando che l’intensità del disagio diminuiva molto poco (da 10 a 9). Ho quindi iniziato ad allargare la visuale, chiedendo ad Antonio di riferire i particolari della vicenda che sentiva ancora molto vivi. Tra questi sono emersi: alcuni rumori, alcune parti della scena e, soprattutto, alcune parole che il “capo branco” aveva pronunciato iniziando l’aggressione e continuandola poi insieme ai suoi scagnozzi.
Sono emersi elementi forti tipo: il suono della portiera del furgone su cui Antonio si trovava al momento dell’aggressione, la posizione in cui lui s’era accovacciato sul sedile nel tentativo di proteggersi e una frase (“Adesso non hai più niente da dire?”) che creava ancora in Antonio un forte senso di umiliazione, perché pronunciata mentre veniva malmenato.
Abbiamo quindi fatto alcuni giri su questi elementi e devo dire con sincerità, non era calata di molto l’Intensità Soggettiva percepita dal mio cliente; anche se lui sentiva essersi diffuso un più forte senso di tranquillità dentro di sé.
L’ora della seduta comunque stava finendo e tutto sommato, ho ritenuto che potesse anche essere sufficiente così come inizio. In fondo ero riuscito a passare la tecnica ed a mantenere la fiducia del mio cliente il ché, in particolare, mi consentiva prima di lasciarlo andare, di invitarlo a ripetere la tecnica da solo a casa: su tutto ciò che sentiva disturbante rispetto all’episodio, sui suoi ricordi traumatici e magari, anche durante la notte quando non riusciva a prendere sonno.
Bene questo il lavoro; apparentemente minimo, accennato e non completo.
Volete sapere gli esiti?
Ho rivisto Antonio oggi, dopo 15 giorni di pausa ed ho potuto lavorare, da psicologo, sulle scelte che lui dovrà e vorrà compiere per il suo futuro professionale e di vita.
Perché? Ma perché EFT nel frattempo ha fatto il resto, visto che Antonio ha continuato ad applicarselo quotidianamente da solo, incuriosito e fiducioso com’era dopo il nostro secondo incontro!
In questo modo, negli ultimi 15 giorni, Antonio è tornato a dormire almeno come faceva prima, è tornato al lavoro, ha ritrovato una carica sufficiente a riprendere una vita simile alla precedente.
Ora, grazie alla “pulizia” che EFT ha consentito di fare molto rapidamente sul trauma e tutti i suoi strascichi, abbiamo potuto prendere in considerazione altri aspetti, più profondi che, se il trauma avesse continuato ad occupare tutta la scena dei nostri incontri, si sarebbero potuti toccare chissà quando e forse mai!
Bene quindi per Antonio e credo anche, bene per tutti noi che usiamo EFT, perché penso si possa capire come questa tecnica, mostri ancora e sempre più, una versatilità di utilizzo del tutto unica; rendendosi buona per molte necessità e spesso, ben al di là di ciò che si potrebbe immaginare.

Grazie per l’attenzione,

Eugenio Scarabelli
eugenio.scarabelli@gmail.com
www.studiopsicologiafermo.com

DSM IV-TR
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