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Subpersonalità

E.F.T. E I PROTETTORI

 

Caro Andrea e lettori,

 ho sempre usato, fin dagli inizi del mio percorso con E.F.T., delle “proiezioni esterne” per aiutarmi nello svolgimento delle sedute con me stessa. A volte era o il terapista che mi seguiva, o un amico, o una persona cara, ma a volte erano semplicemente “personaggi”- forse creati dal mio inconscio, e “usati” come vere e proprie guide nel processo di individuazione del problema durante il picchiettamento.
Per rendere meglio l’idea, farò un esempio pratico: in un caso in cui ho lavorato su traumi del mio passato, di quando ero bambina, ho posto una sedia vicino al letto su cui stavo posizionata e stavo trattando il problema, e vi ho immaginato, seduto, un “terapista su misura” ideato da me: età, aspetto, colore degli occhi, carattere…l’ho visualizzato e usato come supporto durante la seduta. Questo metodo, almeno personalmente, ha funzionato e dato i suoi risultati in diverse occasioni. E’ probabile che tali “personaggi” corrispondano ad esigenze personali, spesso proiezioni delle sub-personalità del proprio inconscio, usate in modo proficuo per raggiungere la risoluzione del problema sul quale si sta applicando E.F.T..

L’effetto più sorprendente, tuttavia, l’ho ottenuto in questi ultimi mesi lavorando su un problema personale di depressione, senso di colpa e mancanza di vitalità e di scopo.
Da alcuni mesi vivevo come uno zombie, in attesa che qualche calamità ponesse fine alla mia vita, che giudicavo non solo inutile, ma inadatta rispetto a coloro che ammiravo od amavo. Mi sentivo inetta, incapace, fuori posto, senza speranze, immatura, indietro rispetto a tutto. Irrecuperabile.
Il livello della mia prostrazione era arrivato al punto di provocarmi continue infezioni e problemi di salute ciclici, esaurimento fisico, comportamenti molto vicini al suicidario, e una convinta tendenza ad annullare la mia femminilità e qualunque tentativo di farla… “risorgere”. Mi sono data la colpa per il fatto di essere sola, di attirare solo pensieri ed eventi negativi, e poi mi sono giudicata capace solo di generare questo genere di realtà nella mia vita, a “dispetto” di tanti altri molto più bravi di me a pensare “bene” e vivere in modo “giusto”.
Ho fatto del male a me stessa, e ne avrei fatto molto di più se non avessi chiesto un aiuto professionale da parte di una terapista, specializzata nella psicologia transpersonale.
E’ lì, durante il lavoro sulle subpersonalità e la ricerca del proprio “centro”, che sono comparsi per la prima volta Dean e Sam.
Io sono appassionata di cinema e telefilm, e in qualche modo il mio inconscio è andato a pescare i personaggi di un programma che seguo e amo da tempo e li ha utilizzati come proiezioni protettive  in questo momento di fragilità. Forse la cosa suonerà inconsueta, ma ho passato due mesi facendo E.F.T. con due…”personaggi immaginari”. La mia fantasia si è spinta oltre, e nelle sedute, entrambi i personaggi hanno preso a proiettarmi figure di luce sul corpo, o a sparare pallottole bianche contro le eventuali “forme aggressive” che visualizzavo durante il picchiettamento.
Difficile spiegare l’esperienza, se non attraverso la metafora degli angeli custodi. Due protettori personali, anche se creati dalla mente, posti a vegliare sul mio stato di prostrazione e di sofferenza.
Esempi di battute usati durante il mio lavoro con me stessa sono questi:

“Anche se non mi proteggo e mi lascio fare di tutto, mi amo e mi accetto…”
“Anche se mi sento posseduta da qualcosa di terribile, mi amo e mi accetto…”
“Anche se mi sento in colpa quando sto bene, mi amo e mi accetto…”
“Anche se ho questo desiderio di venire schiacciata, mi amo e mi accetto…”

All’inizio, mi sono vista sprofondata in pozzi neri, prigioniera di gabbie, inseguita da psicopatici, perseguitata da mostri e da demoni. Ho vissuto momenti difficili, in bilico tra la prospettiva di lasciarmi andare dentro la visione negativa che avevo costruito di me stessa, e quella di scappare chissà dove, per allontanarmi da me stessa e dalla mia vita attuale.
Poi, un poco alla volta, ho cominciato a creare visualizzazioni in cui reagivo agli assalti, anche se mai con un’altra aggressione, ma con la difesa. Sono riapparse immagini di me donna, o bambina, anche se quasi sempre ferite, cieche, livide o sanguinanti, e ho usato i protettori per difenderle e porle in situazioni di sicurezza(ovviamente mentali).
Ho “recitato” vere e proprie scene, usando E.F.T., mentre cercavo di riattivare la mia capacità di mettermi al riparo, di avvicinarmi al calore invece che all’ombra, di recuperare un senso di me stessa e un po’ di autostima. E l’ho fatto sempre usando l’ausilio dei miei personaggi “custodi”. Certo, quasi sicuramente perché nella mia vita nessuno mi ha mai protetta, a partire dai miei genitori, che mi hanno anzi messo in situazioni di pericolo e di abuso. Avere protezione, anche se mentale, è servito a farmi sentire più sicura e indipendente, e sempre più radicata, cosciente e capace di accettare la mia situazione e me stessa(ma nel senso di “qui e ora”)
Di frasi, e visualizzazioni ne usati davvero molti:
anche se penso di non meritare di vivere, mi amo e mi accetto…e chiedo di radicarmi alla terra e alla mia vita preziosa”. Ripetendo poi sui punti: “la mia vita ha valore. Riconosco valore alla mia esistenza. La mia esistenza ha un significato. Riconosco il significato sacro della mia esistenza…”
Spesso, mentre cercavo di radicarmi, visualizzavo me stessa bambina perché ho sempre avuto molte difficoltà ad inquadrarmi. A dire “Ecco, questa sono io”.  Mentre i miei protettori mi stavano accanto, mi sono osservata allo specchio piccola, e ho ripetuto “Anche se non riesco ad accettare di essere(nome e cognome), nata a…, vissuta qui…e non accetterò mai quello che ho fatto, mi amo e mi accetto…”
Un po’ alla volta, ho cominciato a ricordare cose del passato che non ricordavo più, anche positive. Come se stessi poco alla volta risvegliando quella parte di me che era in coma…
Ogni volta che mi sentivo aggredita o indifesa, ho posto Dean e Sam al mio fianco- fucile spianato- e ho ripetuto “Anche se mi lascio aggredire da tutto e da tutti, anche se credo di meritarlo…anche se penso che mi piaccia essere aggredita, mi amo e mi accetto…” spesso, facevo sì che le mie figure “sparassero” contro le cose che mi stavano facendo del male (Anche sensazioni, si!!) una luce bianca, inviando tali “cose” lontano da me(o alla Sorgente).
Ho spesso adottato anche il metodo di visualizzare uno scudo bianco, tenuto dalle mie mani e da quelle di uno dei due “protettori”, ripetendo mentalmente “scudo” quando mi sentivo in difficoltà(ad esempio nei momenti di panico o debolezza), visualizzandomi con la schiena contro ad un albero.
Altre frasi che ho usato nel corso di questo “singolare metodo”:
“Anche se sono convinta di non aver più possibilità, mi amo e mi accetto…”
“Anche se voglio sparare alla donna che è in me, quella maledetta schifosa, mi amo e mi accetto…”
“Anche se sento questa debolezza/anche se mi assalgono questi gonfiori/anche se ho tutto questo dolore/anche se ho l’orecchio gonfio come un uovo(mi si è infatti gonfiato l’orecchio un mese fa…)/anche se ho questa rabbia intrappolata in me/anche se merito di essere sola/anche se nessuno mi protegge o mi proteggerà mai/anche se a nessuno frega niente di me…”
A volte, venivano spontanee domande inerenti alle convinzioni vittimistiche, ad esempio: “Accuso gli altri di non amarmi, ma io chi amo ? Accuso gli altri di non chiamarmi, ma io chi chiamo? Accuso me stessa di essere finita, ma quando ho provato a iniziare?”
Poi, lavoravo accuratamente sui sensi di colpa generati da queste domande: “Anche se mi sento in colpa per come mi comporto/anche se mi fa schifo il modo in cui accuso tutti…etc.”
Dopo un lavoro su ricordi del passato fatto usando la tecnica del racconto(racconto fatto ai miei “protettori”), sono passata ad osservare, una per una, le mie convinzioni negative nate da una delusione affettiva di un anno fa. Ho osservato il modo in cui il mio comportamento-e solo quello-mi ha spinta verso uno stato di apatia emotiva, e poi verso l’autodistruzione. Ho lavorato su questo senso di vuoto-e per la verità, ancora ci sto lavorando- ritrovandomi spesso a visualizzare paludi, sognare buchi neri, vedermi cadere nel buio. A volte, ho “narrato storie” dentro a questi scenari usando le immagini che mi venivano a galla e facendoci sopra E.F.T.(ad esempio, una volta che mi vedevo dentro una stanza buia, ho lavorato su “anche se mi sento in una prigione buia, mi amo e mi accetto…”)

A circa due mesi di distanza, posso dire che: faccio molto meno voli mentali, sono tornata a condividere risate e chiacchiere con le persone di tutti i giorni, ho ripreso interesse per almeno due argomenti che avevo abbandonato durante la depressione, ho ripreso a curare un po’ il fisico, ho cominciato ad aprirmi un po’’ di più con la gente, ma in modo autentico; sto facendo qualche progetto, mi sento un po’ più indipendente e meno impaurita, sto cominciando ad alzare la testa, difendere(ma senza attaccare) i miei spazi, considerare sacri questi spazi, e a “considerare l’idea di meritare una casa, amici, affetto e protezione”, anche se ancora mi sento in colpa quando li ottengo(come se non meritassi altro che di soffrire). Dean e Sam sono ancora ai loro posti, ma riesco ad usarli con maggior disinvoltura e distacco rispetto all’inizio, consapevole che sono una parte di me, finalmente emersa per darmi una mano.  La difficoltà che ancora incontro è quella di generare in me la fiducia che “ci sia un futuro, ma davvero”, e togliermi di dosso il senso di “ripresa impossibile” che a volte mi assale. Ma conto di lavorarci sopra.
Forse il metodo usato è particolare, ma nel mio caso ha davvero funzionato e dato i suoi frutti.

XXX

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