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Ricordo di un abuso

Congiuntivite ed il ricordo di un abuso

 

Caro Andrea,

come ben sai sono due anni che cerco di superare alcuni vecchi traumi risalenti all’infanzia senza risultati, soprattutto a causa del forte muro di “negazione” che vi ho costruito attorno e che spesso ha impedito (e ancora impedisce) che riesca a raggiungere il lato emotivo della memoria, anche quando il trauma riemerge in modo preciso e dettagliato da un punto di vista razionale e mnemonico.
Proprio stamattina, ho raggiunto il mio primo risultato soddisfacente, senza andarlo a cercare. Mi spiego: da un mesetto sto lavorando su alcune memorie con l’ausilio della AgeGate Therapy, e sono riemersi diversi dettagli su abusi messi in atto da mio padre, ma senza che riuscissi a “ripescare” il lato emotivo (se non attraverso fenomeni fisici come “accelerazioni del battito cardiaco, rispondenze in alcuni punti del corpo”, etc…o sogni)
Due o tre giorni fa, il mio occhio sinistro ha cominciato a lacrimare, arrossarsi e gonfiarsi; a dolere e a “deformare” la vista. Sul principio, non ho ricollegato l’insorgere di alcuni frammenti di ricordi con questo fenomeno fisico. Fino a stamattina.
Essendosi aggravata la situazione durante la notte, e avendo l’occhio tutto rosso, gonfio e tumido, ho deciso di provare ad applicare eft (ma senza aspettarmi il risultato seguente). Mi sono seduta sul letto appena alzata, e ho cominciato “Anche se ho l’occhio gonfio…”, provando diverse varianti in base al sintomo. “Anche se ho dolore all’occhio, anche se mi fa male, anche se ho l’occhio “fradicio” (questa variante è uscita da sé), anche se non riesco a vedere…anche se non voglio vedere…”
Al “non voglio vedere, non vedo, non posso vedere”, soprattutto “non voglio vedere”, è emerso un ricordo preciso. Un’immagine chiara e netta, accompagnata soprattutto da una sensazione fisica di agitazione, di “mio padre che mi leccava la guancia sinistra”.
In pochi secondi, l’immagine ha scatenato tre fenomeni: il lacrimare di entrambi gli occhi
(specie il sinistro), un dolore all’orecchio (sinistro), un senso di agitazione che si è riflesso nello stomaco, e l’istintivo muoversi del busto avanti e indietro (come fanno i bambini spaventati per cullarsi).
Per cominciare, ho cercato di focalizzare sull’occhio. E ho ripetuto “Anche se non voglio vedere questa cosa”, “Anche se non voglio vedere che mi sta leccando una guancia”, “Anche se non voglio vedere cosa sta facendo, ma il mio occhio è gonfio di lacrime…” Al secondo passaggio l’occhio sinistro, che era gonfio e dolorante (a livello “otto”, secondo la mia “percezione personale”), è notevolmente migliorato (passando ad un livello “cinque”).
Poi ho cominciato con l’orecchio (anche perché il dolore stava diventando più forte lì) “Anche se non voglio sentire cosa sta dicendo…anche se non voglio sentire, mi amo e mi accetto…”
Già dal primo passaggio, ho ricordato la voce di mio padre che diceva “No, no, va tutto bene. Sta ferma”, diventando poi brusca, minacciosa. “Sta ferma”
Ho concentrato l’attenzione sul corpo. Continuavo a muovere il busto avanti e indietro in modo molto agitato. In contrasto con l’immobilità che mostravo invece nella memoria, e che sfiorava la paralisi. Così ho provato “Anche se non posso muovermi ma vorrei farlo, anche se non posso muovermi ma vorrei andarmene, mi amo e mi accetto…”
A quel punto, ho notato che era la rabbia trattenuta a farmi muovere il busto. Stavo trattenendo il respiro, ero contratta, e mi immaginavo (cosa che non ho mai fatto) di prendere i capelli di mio padre per allontanargli la faccia o picchiarlo. Così ho provato “Anche se vorrei picchiare mio padre e morderlo, mentre invece sono bloccata ”, “Anche se ho questa rabbia dentro, mi amo e mi accetto completamente e profondamente , e considero la possibilità di trasformare questa rabbia in pace cosciente”…
Ho impiegato circa trenta minuti per riportare il ricordo ad un livello tollerabile e calmare l’agitazione fisica.
L’occhio, come detto sopra, è migliorato da un otto a un cinque e poi ancora ad un quattro. Ha lacrimato ancora e molto abbondantemente. Ho ripreso “Anche se ho dovuto fingere di non vedere e non sentire nulla, ma i miei occhi erano gonfi di lacrime di dolore…” , poi ho ripetuto “occhi gonfi di lacrime”, e ho ricordato con più chiarezza il senso di sconforto, annullamento, rabbia che sono stata costretta a reprimere allora per non insorgere nelle ire paterne, e per proteggermi dalla realtà. Ho cominciato a sbadigliare. ..
Al terzo passaggio con “anche se ho dovuto reprimere queste emozioni, anche se ho dovuto fingere di non sentirle mentre i miei occhi erano gonfi di lacrime, mi amo e mi accetto completamente…”poi, “Anche se sono dovuta restare lì, dopo che tutto è finito, vuota, con gli occhi gonfi di lacrime” (sbadiglio), “Anche se avevo gli occhi pieni di dolore” (lacrime) , “Anche se non voglio/volevo vedere”…
L’occhio è passato da un otto a un tre. La vista si è schiarita, il dolore nella parte interna è scomparso. Il rossore è praticamente sparito.
Dopo una breve passeggiata per riprendermi, il tre è diventato un uno.
Anche se forse ho risolto solo il problema “occhio” e “non voglio vedere/ non lo accetto”, ma sulla rabbia ho molto da lavorare, questa vittoria rappresenta comunque un grosso passo avanti rispetto ai miei tentativi precedenti, in cui il “sabotaggio” del distacco emotivo e la negazione giocavano un grosso ruolo di antagonisti contro la rielaborazione delle memorie. Qualche volta gli occhi gonfi servono a qualcosa.

 

L.A.

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