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Perla

Perla


Perla è il gattino bianco e nero di 5 mesi di cui mia figlia è veramente innamorata e che è stato adottato dalla mia famiglia composta già da una gatta adulta, un cane tipo bassotto ed un coniglio, oltre che da noi persone, naturalmente.
Nonostante l’abbondanza dei felini, da circa un mese, un topetto campagnolo, con due piccoli occhietti neri e zampette velocissime dimorava, ahimè, nel forno. Non vi dico che atroce puzza si è creata quando un giorno avevo deciso di arrostire il pane con il grill !!
Durante questo mese più volte , quando il topo usciva dal nascondiglio guardandomi intensamente col suo sguardo indagatore, l’avevo pregato di andarsene ma nessun risultato. Col passare dei giorni la mia tolleranza per l’ospite diminuiva finchè decisi di usare una trappola con un buon pezzetto di pecorino stagionato. Risultato della mattina successiva: niente pecorino, niente topo. La rabbia cominciò a crescere e anziché parlare al topo, decisamente sordo, provai a chiedere a Perla di darsi da fare con le sue abilità da gatto. Ma i giorni passavano e probabilmente come mia figlia diceva, il gattino non aveva imparato dalla madre a cacciare. Arma dell’esasperazione restava il veleno, ma quello che avevo scelto certamente non era di gusto del topo. Giorno dopo giorno cominciavo a sentirmi io stessa ospite del mio topo piuttosto che il contrario e la parte di me che voleva disfarsene diventava sempre più impaziente. La rabbia cominciava a sfogarsi contro i gatti di casa, i 2 mangiapane a ufo che pensavano a dormire e giocare anziché a far il loro mestiere…ecc.ecc.
Ultima speranza, idea geniale, la…colla!! Il topo non avrebbe avuto scampo, circondato il forno si sarebbe intrappolato inevitabilmente tanto più che avendo piazzato strategicamente i croccantini del gatto al di là della barricata, quello certo non avrebbe resistito a lungo, vista l’ingordigia. Povero topo…
Ma dopo 2 giorni, difficile a credersi, il furbone ancora resisteva. Aveva capito tutto?
A questo punto, troppi elementi erano in campo e, si sa come nella vita sia difficile controllare tutto, così successe l’inevitabile: qualcun altro cadde nella trappola terribilmente appiccicosa. Perla.
Dopo un urlo indescrivibile, nel preciso momento che la belvetta bianca e nera sgattaiolava con arte fra i miei piedi riguadagnando in velocità l’accesso da 2 giorni severamente proibito alla cucina,nella speranza di trovarci chissacchè, “ sei il gatto più cretino e deficiente dell’universoooooooo!!!” “ Ma proprio a me dovevi capitare tu, mangiapane a ufo ?” e vi lascio immaginare il resto mentre sotto i miei occhi si svolgeva una scena tragicomica fra colla , pelo, sguardi di stupore e disperazione, mani e pantaloni incollati, ma anche baffi, zampe e tutto quello che c’era.
La sera Perla era stata quasi completamente ripulita con l’olio d’oliva e con la pazienza di tutti noi ma soprattutto di mia figlia.
Dopo 3 giorni, il momento festante della colazione mattutina, appuntamento immancabile e quotidiano dei pets: “ mamma, ma Perla?dov’è?” e mia figlia corre alla ricerca. Era nella siepe nascosta e con un pessimo aspetto. Miagolava al contatto delle carezze e sembrava nonriuscire a star in piedi. Il suo sguardo era sfuggente. Al vedere così ridotta la piccola bestiola mi è presa una gran preoccupazione e l’impietosa accusa del senso di colpa per le cose successe mi tuonava, severa, dentro.
Ma la giornata era cominciata, mia figlia a scuola, io lavoro e cose da sbrigare. Tornata a casa verso le 13 Perla appariva in stato ancor più pietoso, stentava a stare in piedi, barcollava, la schiena e le zampe rattrappite e non si poteva proprio toccarla. Mi precipito dal veterinario, uno di quelli conosciuti in mezza Italia, ma che proprio non riusciva a spiegarsi che cosa potesse avere. Escludeva intossicazione da colla o veleno dato il risultato delle analisi e decise di farle una puntura di antibiotico precisando che se non fosse migliorata entro la serata avrebbe dovuto metterle la flebo e forse trattenerla, date le condizioni già gravi.
La mattina successiva la gatta non solo non era migliorata ma stava decisamente peggio. Probabilmente la febbre alta le impediva di stare sveglia e il suo aspetto faceva pensare alla morte. Era terribilmente dimagrita, il pelo opaco. Mia figlia ormai aveva le lacrime fisse e non riusciva a far altro che starle di fronte e proteggerla con la sua presenza, e pregarla di guarire. E’ allora che nel totale senso d’impotenza ho deciso di sfidare questa situazione con EFT. Non avendo allora ancora frequentato il II livello, dopo le indicazioni di Andrea sull’applicazione a distanza, in auto andando al lavoro e dopo aver lasciato la gatta a casa con l’angoscia di ritrovarla più tardi morta, ho cominciato incessantemente a picchiettarmi.

” Anche se ho questi violenti dolori…” “ anche se mi sento morire…””anche se non riesco ad allungare le zampe…””anche se mi sono sentita appiccicata e colpevole…”“ anche se mi sento un gatto incapace di catturare i topi sono amato da tutti…” “ anche se mi sento un mangiapane a ufo…” “anche se non merito di stare in questa famiglia…””anche se mi sono sentito un gatto incapace e cretino…”.

La sera tornando a casa avevo una grande angoscia nell’aprire la porta ma con grande emozione e, questa volta io stessa con le lacrime agli occhi, ho trovato la gatta in piedi che finalmente beveva e nell’accarezzarla, dopo tanti giorni, di nuovo le sue fusa ora mi confortavano. Le ho chiesto scusa per essermi così arrabbiata con lei quella volta e di perdonarmi per averlo fatto, le ho detto che le volevo veramente bene e l’ho ringraziata per essere rimasta in vita con noi. Mia figlia sorrideva di nuovo.
Dopo qualche giorno, un pomeriggio, i 2 gatti insieme hanno catturato il povero topo e ora posso di nuovo arrostire il pane nel grill.
Ogni giorno i nostri pets mi ricordano come le emozioni e i pensieri circolano da un cuore all’altro proprio come fa EFT quando è messo in moto. Non è fantastico condividere la vita così profondamente con tutti e tutto?
E come allora hai detto tu , Andrea, MIAO a tutti !
A.S.

 

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