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Consigli EFT e Hamer

Consigli EFT e Hamer

 

Qui di seguito pubblico la lettera che Marco mi ha inviato riguardo ai suoi dubbi sulla Nuova Medicina, e la risposta che l’amico Giacinto Olivieri, ben più esperto di me in questo campo, ha dato. L’ho trovata talmente significativa da sentire l’urgenza di pubblicarla.
Andrea

Caro Andrea,
vorrei sottoporti un interrogativo (solo alla fine ho scoperto più d’uno). In questi giorni sto leggendo un libro del Dr. Hamer (un medico tedesco di cui senz’altro avrai sentito parlare, le cui teorie le ho trovate molto interessanti, convincenti e soprattutto rivoluzionarie.) Le teorie di Hamer affermano che tutte le malattie che l’uomo manifesta hanno origine emozionale; nascono da emozioni negative vissute per lungo tempo e solo quando il conflitto è risolto avviene il processo di riparazione e di “guarigione”. Hamer ed i suoi seguaci, circa la risoluzione delle problematiche che hanno manifestato l’inizio della malattia, sono un po’ “nebulosi”, dicendo che l’atteggiamento di comprensione del paziente, è già una prima forma di guarigione, ma poi si rapportano alla risoluzione vera e propria facendo riferimento a tecniche di psicologia convenzionale (che sappiamo entrambi avere effetti nel tempo e non sempre risolutivi e liberanti). Da parte mia sono più convinto che focalizzata la problematica (e per questo dobbiamo dire grazie ad Hamer che ci fornisce un elenco di malattie ed il loro conflitto scatenante) e lavorandoci su con EFT si potrebbero ottenere risultati migliori e magari anche definitivi sui conflitti attivi. Ora ti espongo il problema. Dice Hamer: Se vivi un “conflitto di territorio” per un periodo di tempo superiore ai 9 mesi, in fase attiva si manifesta Angina Pectoris, in risoluzione Infarto con sicura morte. Premesso che forse le teorie di Hamer non sono l’assoluto, ma comunque, riconoscendogli la grande professionalità che dimostra con i suoi studi, come si potrebbe operare sul conflitto senza incorrere nel possibile rischio citato da Hamer? E in quante altre casistiche pericolose, di cui non conosciamo i possibili sviluppi, potremmo incorrere nell’applicare EFT? Quale potrebbe essere l’approccio più corretto e meno rischioso? Lavorando sulle emozioni e non sui sintomi (magari perché quelli seri non ci sono stati comunicati) come potremmo operare per evitare di “incozzare” nei probabili rischi già citati? Scusami se ti ho posto molte domande, ma ci terrei a sentire il tuo parere. Grazie e saluti.

Marco

Ciao Marco,
prima di tutto alcune puntualizzazioni che possono esserti utili: le “cosiddette” malattie secondo Hamer nascono da un evento improvviso (!), drammatico, che coglie la persona (o l’animale o persino la pianta, con ovvie diverse sfumature!) in contropiede in modo inaspettato e vissuto in solitudine; le emozioni negative dovute a problemi insorti gradualmente nel tempo, anche se da lungo tempo, non creano malattie, al massimo disagio (certo anche indebolendo la persona ed esponendola di più ad una cattiva reazione in caso di DHS), dato che la persona ha il tempo di adattarsi alla situazione. Fermo restando che la Nuova Medicina Germanica è una diagnostica alla quale un terapeuta può agganciare le varie forme di terapia che conosce, purchè in sintonia con le leggi biologiche, le strategie utilizzate da Hamer e dai suoi collaboratori per aiutare la persona in conflitto attivo non fanno parte della psicoterapia tradizionale, dato che le soluzioni ai conflitti, qualora siano possibili e permesso dalla loro durata, devono essere biologiche, reali, non virtuali; ad esempio se uno ha perso il lavoro e sviluppa un adenocarcinoma al fegato perchè vive l’evento come “morirò di fame”, la soluzione biologica sarà quella di trovare un altro lavoro o di trovare dei soldi per sopravvivere; in un caso Hamer addirittura è arrivato a regalare diverse migliaia di euro ad una persona per salvarla, non è proprio psicologia convenzionale; in altri casi ha utilizzato approcci che ricordano la psicomagia di Jodorowsky, o l’approccio pragmatico di Watzlawick (terapeuti non proprio convenzionali) per spostare l’attenzione selettiva della persona ossessionata dalla malattia (“cancrite”) e far fare qualcosa di diverso.
La conoscenza delle leggi biologiche da parte della persona che sta male è fondamentale per evitare il panico (e capire che quello che sta succedendo non è un “brutto male che ti sta mangiando dentro” o “cellule impazzite”, ma un processo di adattamento speciale, biologico e sensato degli organismi viventi per far fronte ad un evento eccezionale), evitando o riducendo così la complicazione più frequente e spesso letale detta “sindrome del profugo o dei tubuli collettori” (la persona si sente come “un pesce fuor d’acqua”, è terrorizzata, bloccata e trattiene acqua, aumentendo le “masse” e i sintomi per accumulo d’acqua). Secondo Hamer e molti altri l’organismo sceglie sempre la strada migliore per sopravvivere lui, la sua famiglia/discendenza, il suo gruppo/branco, la sua specie; la natura da come ordine di importanza prima la specie, poi il branco, la discendenza, l’individuo. Per questo ci possono essere situazioni in cui non è possibile fare nulla, se non accompagnare dolcemente la persona alla morte, dato che in queste situazioni così drammatiche non è coinvolto solo l’individuo, ma il suo sistema familiare o, ancora più in grande, il suo sistema sociale; è ovvio che il terapeuta non lascerà nulla di intentato, ma deve fare spesso i conti con qualcosa di molto più grande di lui e con una logica diversa che spesso non ci è dato di conoscere; la qualità della vita che rimane da vivere è comunque una cosa da tenere in assoluta considerazione.
Per quanto riguarda l’individuo, il suo adattamento a un evento drammatico, inaspettato, vissuto in solitudine, sarà il migliore possibile per il suo sentire, per come ha vissuto lui quell’evento in quell’istante, e ciò sarà determinato da tutto il suo vissuto, da quello ereditato dalla sua famiglia, ecc.
Per questo il terapeuta non guarisce nessuno (è l’organismo che è già programmato per farlo), può solo aiutare (se è possibile e gli viene richiesto veramente) un processo naturale di riequilibrio, di omeostasi; è la persona che si guarisce da sola, se messa in condizioni serene per farlo, senza terrorismi.
Le cose più sensate che può fare il terapeuta che conosce la Nuova Medicina sono (sempre che gli venga chiesto veramente): A) spiegare le leggi biologiche e il senso biologico di quello che gli sta succedendo, B) lavorare a livello sintomatico, per evitare che il sintomo stesso diventi uno shock, C) se possibile, grazie all’EFT e ad altre tecniche, far scendere la carica emotiva del trauma. D) lavorare su quello che è stato detto sulla malattia, “smontando i terrorismi (effetto nocebo) e favorire una ristrutturazione (vedi mia lettera su Scritte sui muri da parte di terapeuti)

Vediamo ora, caro Marco, come e in che modo l’EFT ci viene in aiuto nelle leggi biologiche. Sostanzialmente quando c’è una cosiddetta malattia (o meglio programma SBS, speciale biologico e sensato) la persona o è in conflitto attivo (ma in questo caso difficilmente ha sintomi fisici, a parte l’insonnia mattutina, agitazione, persiero fisso sul problema) o è in fase PCL (post conflittolisi, cioè ha già risolto il conflitto e sta riparando), oppure ha il conflitto in sospensione perchè è incinta, o recidivante, perchè ha continue restimolazioni che lo riportano nel conflitto (binario).
La EFT non risolve il conflitto, lo può far rivivere e vedere in maniera diversa, lo può far metabolizzare attenuando o eliminando la carica emozionale e impedire le recidive, eliminando il binario. Per cui nel conflitto attivo è utilissima per abbassare la simpaticotonia e quindi ridurre la massa conflittuale; dato che il conflitto in questo caso non viene risolto ma “solo” metabolizzato, ci può essere di reazione una mini soluzione con momentanea vagotonia (sbadigli, rilassamento, ecc.), con minicrisi
epilettoide (fitte, scosse, tremiti ecc.), ma sostanzialmente inoffensive.
Con le tecniche di psicologia energetica come EFT, EMDR, PEAT, AGEGATE, Catene lineari di Calligaris, Tecnica Metamorfica, ecc., in un certo senso è come andare indietro nel tempo e rivivere l’evento diversamente, per cui molto di quello che è venuto in seguito viene riassettato, curva del programma compresa
(viene notevolmente abbassata di intensità).
Certo è d’obbligo la prudenza, specie in situazioni “stagionate” e che possono riferirsi a eventi successi nell’infanzia (o addirittura ad antenati, vedi Hellinger, Genomica Emozionale di Di Spazio, Psicogenealogia della Schutzenberger, ecc.) e che hanno lasciato grosse cicatrici o che addirittura possono essere state rimosse; in questi casi, se mentre si fa una seduta ci si accorge che sta emergendo qualcosa di tosto e “rimosso”, e la persona è in situazione critica per una malattia grave o uno stato
emotivo alterato, può essere meglio fermarsi, riassettare il sistema lavorando sui sintomi, tenerla “sotto osservazione” pronti a intervenire e vedere cosa succede nell’elaborazione onirica, molto importante perchè spesso fonte di indicazioni.
Bisogna ricordarsi la legge del trauma:

1) improvviso, inaspettato, che coglie la persona del tutto impreparata e vissuto in solitudine

2) aspettato, ma con aspetti inaspettati (e questi agiscono da restimolatori non appena si ripresenta una situazione con elementi simili).

3) aspettato ma non ha avuto abbastanza tempo per elaborarlo (in questo caso lascia degli “echi” e una “sensibilizzazione” su traumi dello stesso tipo),

per cui “spezzettare” la memoria del trauma e riprendere il tempo per digerire i vari pezzi.
Se la persona è invece già in Postconflittolisi, cioè ha già risolto il conflitto, la EFT può servire a gestire bene i sintomi, ad accelerare la autoguarigione, a ridurre o evitare il conflitto del profugo, a ridurre o evitare le recidive e i binari. Niente male per una tecnica così semplice….

Giacinto Olivieri

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