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Attacchi di panico

EFT e attacchi di panico

 

Caro Andrea,

volevo condividere con te e gli altri il fatto che, fresca del corso di terzo livello, mi sono trovata ad applicare EFT in una situazione in cui, in precedenza, avrei fatto interventi forse meno rapidamente efficaci e sicuramente non altrettanto divertenti.
La persona che ho trattato è una mia vecchia conoscenza, una signora che avevo curato anni fa con la psicoterapia e i fiori di Bach per crisi di panico che le intervenivano soprattutto in ambienti chiusi e poco noti, quando non aveva la possibilità di allontanarsi rapidamente o meglio ancora di rifugiarsi in casa o in auto – un classico, insomma. È stata bene per diversi anni ma, negli ultimi mesi, in concomitanza con grossi e stressanti cambiamenti lavorativi e familiari, ha avuto di nuovo qualche episodio di panico accompagnato da vertigini e altri sintomi neurovegetativi (tachicardia, sudorazione, nausea) e mi ha chiesto di nuovo aiuto.
Purtroppo per lei, non era mai stata nel mio nuovo studio (primo fattore di stress: ambiente sconosciuto) e non aveva a disposizione l’auto, che le dà sicurezza. Per venire da me ha quindi dovuto prendere la metropolitana in un orario di punta, il che rappresenta la summa delle circostanze che le facilitano le crisi: stretta in mezzo alla folla, in un ambiente da cui non è possibile fuggire, lontana da casa e da luoghi conosciuti, per giunta dovendo rimanere in piedi, bloccata e senza possibilità di muoversi. Quando l’ho vista, era palesemente agitata, sudata e sull’orlo del panico, e accusava nausea e vertigini. Senza perdere altro tempo (non le ho spiegato nemmeno la tecnica, ma le ho chiesto semplicemente di fare come me) ho proceduto a una sessione di EFT con questa preparazione: “Anche se sento che mi sta per venire il panico, sto sudando, ho le vertigini, lo stomaco sottosopra e ho paura di star male, io mi amo e mi accetto… e anche se non mi piace per niente avere il panico, so che il mio corpo fa così perché sta cercando di salvarmi da un grave pericolo, e accetto che lo faccia come meglio può e sa”. All’inizio, la signora è rimasta un po’ sorpresa da quest’ultima affermazione, ma ho sentito che era bene insistere in quella direzione. Così, abbiamo continuato per alcuni giri sui sintomi fisici e sull’essere grata al suo corpo per il fatto di essere “molto abile ed efficiente nel difendermi dai pericoli… tutti i pericoli… quelli reali… e anche quelli che vedo solo io…”, “il mio corpo è molto forte e intelligente, mi vuole salvaguardare e parte in quarta a difendermi… non appena avverto un pericolo… anzi anche prima… non appena comincio a pensarci… e a volte addirittura ancora prima che io ci pensi…” eccetera. A questo punto, ho cominciato a inserire delle affermazioni più provocatorie, ad esempio “forse è meglio che mi tengo questo panico ancora un po’, potrebbe esserci un lupo cattivo qui fuori… e io devo essere pronta a fuggire…”, “e se poi mi sento bene, come farò?… E se poi non ho più scuse per non andare al cinema?…” (luogo notoriamente tabù per chi soffre di questi disturbi). Abbiamo terminato questa parte della sessione, che è durata pochi minuti, in una allegra risata entrambe. Con grande stupore della signora tutti i suoi sintomi si erano azzerati e per la prima volta si è resa concretamente conto che non aveva senso “combattere” la sua paura di star male, anzi, che proprio questo suo contrastarla era il modo migliore per darle consistenza e innescare la risposta di panico.
Poi siamo andate a lavorare, con la tecnica del film, su un paio di episodi specifici, ma ho sentito in lei già più “critica”, cioè più consapevolezza, riguardo a quanto la percezione degli eventi che in passato erano riusciti a scatenare la paura di stare male e infine il vero e proprio panico apparisse ora inadeguata, se non assurda.
Grande EFT!

 

Un abbraccio

Maria Grazia

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