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Cervicale in negozio

La cervicale in negozio

Sono nel negozio di una mia amica, una signora sui 40 anni che per riservatezza chiamo Monica. Mi dice che da qualche settimana le è apparso un dolore a livello della cervicale. Le parlo di EFT e, probabilmente perchè, come detto da lei era un po’ “alla frutta” (dopo medici, naturopati e fisioterapisti ed esami), decide di fare un veloce giro insieme a me.

Lei ed io siamo di fronte, il bancone del negozio ci separa. Le chiedo di dare una valutazione su una scala da 1-10 alla sua sensazione (dolore alla cervicale) … lei mi dice 8-9. Io inizio a massaggiare i punti sul mio corpo, lei mi segue ripetendo sul suo corpo. Attualmente non facciamo alcuna verbalizzazione anche perchè, penso io, abbiamo parlato per ben 10 minuti di questo problema … quindi è di sicuro focalizzata su questo. Inoltre, siccome è già molto nei pensieri, mi sono detto “meno testa e più tocco”. Mentre massaggiamo, le dico solo di sentire il “suo dolore”: lei mi dice che lo sente, eccome. Io intanto, mi sintonizzo sui miei dolori (più interiori che fisici). A me sale tristezza, voglia di piangere e disperarmi e lo comunico chiaramente con gli occhi e il viso (non sto piangendo), sento molto il mio dolore. Non ricordo il punto dove stavamo massaggiando, e come era la situazione, fatto sta che mentre io “scendo” ancor più nel mio dolore, lei mi dice che le viene “la pelle d’oca”. Al momento interrompiamo.

La invito a provare un altro giro. Lei mi invita nel retrobottega. Mi accerto che sia idratata (confermato da lei) e partiamo con un giro. Questa volta verbalizzo invitandola a seguire me ripetendo ciò che io dico o modificandolo a suo piacimento o a rimanere in silenzio se è ciò che vuole mentre massaggiamo i vari punti.

Alcune delle frasi sono:

– questo dolore

– anche se ho questa sensazione

– anche se ho questo peso

– anche se è tutto sulle mie spalle

– anche se temo di non farcela (questa frase vedo che la tocca in particolar modo)

– anche se ho paura di fallire penso che può anche andare bene, e anche se non va bene, mi rendo conto che IO ORA SONO QUI

Le faccio dare un colore, una forma alla sensazione alla cervicale (suggerisco di chiedere anche sapore e suono e sensazione al tatto) e picchiettiamo anche durante questa visualizzazione/rievocazione di sensazioni. Complessivamente segue le mie frasi, saltuariamente le modifica o ne usa di sue. Mi dice di avere paura perchè deve badare alla famiglia, al negozio, ha le spese, non si “può ammalare” e così via. Terminato il giro, mi dice “mi scappa un sacco di pipì”. Dopo averla scaricata, mi dice che si sente più leggera e dice “wow! Sto da Dio”.

(volevo dirle, “lo so che sei al mio cospetto” ahhahhahahahhahaha).

Del disagio alla cervicale dice che è quasi inesistente rispetto a prima. É meravigliata/contenta. Ci congediamo perchè deve tornare al lavoro. Fissiamo un appuntamento per un pomeriggio, salvo poi disdirlo da parte sua (avevo già sentito mentre lo stavamo fissando una resistenza da parte sua a trovarsi per ri-toccare quei punti di disagio – segno che si era andati a toccare o comunque vicini al reale disagio).

Conclusioni.

Una cosa che faccio notare è che nelle frasi ho volontariamente evitato parole “negative”, anche se la sensazione che le parole “positive” potevano far scaturire era di disagio: questo con l’obiettivo di associare tale sensazione di disagio a parole “positive” (quindi inconsciamente a parole positive).

Ho notato che se una persona inizia a toccare (veramente) il suo dolore o comunque ad essere più presente, l’altra persona è facilitata a sentire il suo, ad essere più presente in questo momento. Si accelera il processo.

Di solito, prima trattavo gli “aspetti” del disagio come scene, visualizzazioni mentali. Aggiungendo altri aspetti sensoriali (sapore, odore, suono, tatto) nella rievocazione del disagio, vedo che la focalizzazione è più nitida, il disagio più vivo.

Ho notato che si hanno risultati anche se nulla dei ricordi passati viene a galla. Mi sembra bastare ciò che si sente nel momento presente.

 

Marco

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